
Non ricordo quando ho scoperto l’esistenza del Tourist Trophy, ma spiegarlo è ancora più difficile.
Non sono mai andato all’Isola di Man, anche se l’idea è presente,costante e forse anche un pò ossessiva.
Il Tourist Trophy non si può spiegare, esso è per chi conosce i propri limiti e non ha paura di sfidarli-sfiorarli-oltrepassarli- e a volte farsi superare. Non è una semplice “gara con le moto” è una sfida contro il tempo, gli avversari, ma principalmente contro il Mountain.
Si dice che per prepararsi a questa corsa occorrano 3 anni per imparare il percorso.
Il Tourist Trophy è una corsa motociclistica che si corre, solitamente la prima settimana di giugno, sul circuito stradale dello Snaefell Mountain Course, circuito di 60,720 km (37,73 miglia) sull’isola di Man. Nei primi anni del ‘900 vi era una gara per automobili, ma questa venne poi trasferita in territorio britannico.
Dall’anno della sua prima edizione (1907), molte vittime si sono registrate tra i piloti che vi prendevano parte, colpa di una lunghezza di 60,7 km da percorrere tra case, muretti, pali della luce e differenti condizioni climatiche, il tutto da ripetersi per più giri a seconda della categoria.
Il Tourist Trophy fu valido come Gran Premio di Gran Bretagna dalla prima edizione del Motomondiale nel 1949 e fino al 1976, quando venne escluso dal calendario iridato per l’eccessiva pericolosità del circuito. Dal 1977 al 1990 viene inserito nel calendario del Campionato mondiale Formula TT, campionato creato proprio per dare visibilità a questa gara a seguito dell’esclusione dal motomondiale.
Il TT non è una corsa per gli appassionati della domenica, o per chi segue le gare in moto per moda.
Lungo quelle strade scorre un’adrenalina unica al mondo, tutti lo sognano ma solo pochi hanno il coraggio di mettersi in gioco. Si, perchè al TT sai quando parti ma non hai la certezza del ritorno.
Girovagando il rete alla ricerca di info sul TT, ho trovato questa intervista a cinque piloti che hanno gareggiato lungo il Moutain: il veterano Michael Rutter, Ian “5vittorie nel TT 2010” Hutchinson, lo scalpitante Gary Johnson e ancora Conor Cummins e Stefano Bonetti.
Mario Donnini comincia con le domande ai piloti:
Che cosa significa il TT per te?
Rutter: «Il TT per la nostra famiglia significa moltissimo perché mio padre ne ha vinti otto. Io ne ho vinti solo due, spero il prossimo anno di tornare sul podio con una buona annata».
Hutchy: «E’difficile da spiegare perché si tratta di un evento molto particolare nel mondo del motociclismo. Non ha niente a che vedere con tutte le altre gare che facciamo, come la SBK. Avrò sicuramente più stimoli a tornare l’anno prossimo dopo la mancata partecipazione di quest’anno».
Johnson: «Per me significa tutto, è la gara più importante dell’anno. Richiede molti sforzi e impegno ma è quella che per me ha più significato».
Cummins: «E’ una gara fondamentale anche perché io sono nato sull’Isola di Mann. Mi ritengo fortunato e onorato di poter partecipare ogni anno a questa competizione, soprattutto dopo l’incidente dell’ anno scorso».
Bonetti: «Pur affrontando i campionati italiani di gare stradali, tutta la mia preparazione annuale è rivolta alla settimana del TT. Questa competizione per me è vitale: ogni anno, finite le gare, ho già la mente rivolta al prossimo appuntamento con questa corsa».
Qual è il tuo ricordo più bello relativo al TT?
Rutter: «Nella mia lunga carriera ho tantissimi bei ricordi ma quello più importante è legato alla gara del 1998 quando correvo con la Honda factory e lottavo contro Ian Simpson. Infatti i ricordi migliori spesso sono legati alle moto migliori».
Hutchy: «Il TT del 2009 perché ho vinto due gare nella stessa giornata e, ovviamente, le 5 vittorie del 2010».
Johnson: «Il primo approccio da newcomer a Bray Hill: un’ esperienza da brivido fiondarsi in quella curva a 250 km/h partendo da fermo».
Bonetti: «Ce ne sono tanti, il più forte probabilmente è stato l’esordio nel 2004 quando ho concluso a 3 decimi di secondo da Guy Martin…Questo me lo ricordo perché mi brucia ancora!».
Cummins: «Il primo giro che ho fatto da Newcomer e i primi giri di quest’anno, quelli del mio rientro dopo l’incidente».
Donnini interviene chiedendo: «Cosa hai pensato quest’anno in prova passando per la prima volta a Verandah, il luogo dove hai avuto il terribile incidente?».
Cummins: «Ho pensato di evitare di ripetere l’esperienza! Ero molto preoccupato ma subito sono tornato a concentrarmi sulla gara per non distrarmi».
Qual è la parte del tracciato che preferite?
Hutchy: «C’è una sezione con una chicane dopo Handley’s Corner che mi fa impazzire».
Johnson: «Non c’è un punto in particolare ma in generale adoro sfrecciare a 300 all’ora tra le case e i muri: sono dei punti di riferimento che ti fanno percepire davvero la velocità. Difatti, il tratto che meno preferisco è quello della Montagna, perché mancano dei veri punti di riferimento».
Rutter: «La partenza, il traguardo e tutto ciò che ci sta in mezzo!».
Cummins: «E’ il mio paese natale, Ramsey, il posto che preferisco. Normalmente la devo percorrere a 30 miglia all’ ora e quando ci sfreccio a 180 miglia è un’ emozione unica!».
Bonetti: «Tutto il circuito è una favola».
Qual è invece, la parte più spaventosa o più difficile del circuito?
Bonetti: «Subito dopo Kirk Michael c’è un curvone a sinistra, Birkin’s Bend, che non sopporto».
Rutter: «Sono tanti i punti difficili ma in generale è brutto quando la moto non risponde bene in una curva perché poi, negli anni a venire, la stessa sensazione si ripresenta nella stessa curva».
Johnson: «La sezione di Ginger Hall che, pur essendo una delle più belle, è anche una delle più difficili. E’ sempre una soddisfazione passarla indenni!».
Hutchy: «Più che punti difficili o spaventosi a me annoia la parte di Governor’s Bridge che è la parte più lenta del tracciato».
Come è possibile comparare la filosofia del TT con un circuito moderno? Quali sono le differenti attitudini richieste?
Hutchy: «La differenza maggiore è che nelle gare in circuito bisogna mantenere una certa disciplina e un certo rigore che invece mancano nel TT».
Rutter: «La differenza principale sta nel margine d’errore: se nelle gare tradizionali puoi avere un margine del 20%, al TT non puoi scendere sotto il 90%».
Esiste un pilota della MotoGp che potrebbe avere le attitudini per correre il TT ed essere competitivo?
Bonetti: «No. Sicuramente non per puntare alla vittoria. Solo Rolfo è adatto a correre al TT per la passione che ci mette nelle corse».
Cummins: «Veramente non ne ho idea…Io penso che chiunque dei piloti della MotoGP potrebbe farcela, perché si tratta solo di avere il giusto quadro mentale».
Hutchy: «E’ una domanda molto difficile perché non è detto che un pilota che si comporta bene sui circuiti tradizionali poi faccia altrettanto sul circuito del Mountain».
Rutter: «Ci sono già stati piloti del Motomondiale che hanno provato a confrontarsi con il TT perché non è impossibile, basta solo avere i giusti riferimenti».
Quali sono i punti migliori per seguire le corse del TT?
Rutter: «Mi è rimasta impressa quella volta che ero al TT a seguire la gara da spettatore: osservare le moto scendere sul fondo di Bray Hill a 190 mph/h è qualcosa di unico».
Johnson: «Ho avuto l’occasione di seguire una sola gara da spettatore e il punto più spettacolare secondo me e Cronk y Voddy con il suo lungo rettilineo ondulato».
Cummins: «Direi Ballacrye dove c’è un salto impressionante. Una volta mio zio ha portato proprio lì mia nonna a seguire la corsa ed è rimasta spaventata!».
Se Casey Stoner disputasse un Senior TT, in che posizione pensate riuscirebbe ad arrivare?
Bonetti: «Secondo me non arriverebbe tra i primi 10».
Hutchy: «Se gareggio io sicuramente secondo! Scherzi a parte, Casey è il migliore al mondo e se davvero venisse al TT, noi tutti dovremmo fare le valige e andare…».
Rutter: «Io penso che non ci sia dubbio: la vittoria sarebbe sua».
Tourist Trophy, muori o vivi davvero.


